IL MOMENTO PER FARSI DA PARTE

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Non avevo ancora fatto l’esame per trasformare quel brevetto che mi consentiva di pilotare una motovedetta di circa 20 metri in una patente nautica di tipo civile.

Sarebbe bastato una semplice prova per ottenere una “patente a motore senza limite dalla costa fino a 35 tonnellate”

Una cosa che, a dire la verità, non sapevo che farmene. Sarebbe servito solo a fare il pavone come tanti titoli (troppi!) che ho acquisito tra studio e lavoro

Titoli che non servono in una vita reale. Insomma li definisco ancora oggi con una frase tipica di un celebre film: “solo chiacchiere e distintivo”.

Ma mi decisi e feci sta prova. Molto semplice.

Dovevo solo portare “a spasso” una barca di circa 6 metri tra due boe e attraccare ad un molo. Ben diverso di quello che sapevo fare….20 metri di chiglia, due motori disel, plancia di comando e manovre improbabili…. quindi, andò tutto liscio, come doveva andare.

A circa un mese dalla fine del servizio ormai ero praticamente sbarcato.

Guardavo la CP235 che usciva in mare senza di me e a volte la aspettavo con ansia.

Anche tutte le mie cose le avevo in un certo modo portate in una camera che dividevo con un ragazzo appena arrivato e non erano più a bordo della CP235.

La mia divisa di lavoro era praticamente consumata e logora …..la sua era nuovissima!….il mio berretto conteneva 23 stelle (una per mese) il suo solamente 3.

Capivo che era arrivato il momento di andarmene e lo capivano tutti.

Anche il comandante evitava volutamente di darmi disposizioni e io evitavo di fare le solite discussioni con lui.

Si capisce sempre quando è il momento per farsi da parte o almeno per me è stato da sempre così.

E di norma lo si deve fare quando vinci e non dopo una sconfitta perché la gente, gli amici, ti ricorderanno per gli ultimi momenti che hai trascorso con loro e mai per un insieme di cose.

Anche adesso che sono un mammifero in via di estinzione curo molto di più i saluti finali di un rapporto (lavorativo o altro) soprattutto se ho la sensazione che questo sia al suo decorso finale.

È strano ma da allora ho sempre “sentito” quando era il momento di chiudere con un lavoro, un rapporto o una storia.

Sempre la stessa sensazione in bocca.

Un misto di dolce e di amaro nello stesso istante, come bere un caffè zuccherato male.

Mi sentivo come un vecchio cane randagio circondato da giovani cuccioli pieni di entusiasmo.

A me quell’entusiasmo mancava da un po’…..ecco, era il momento di comprendere cosa fare.

E poi, lo sapevo da me che se tutti mi rispettavano non era per il grado o per il mio modo autoritario ma, proprio per quell’abbigliamento logoro di chi aveva qualcosa da raccontare e forse per l’invidia di chi avrebbe voluto essere al mio posto e trovare una “via breve” per finire il servizio militare.

Ma c’erano anche voci su di me….lo sapevo….su cose che avevo combinato all’interno della Capitaneria, in mare e……fuori….a Olbia!

Ho raccontato diverse cose successe in quei 24 mesi ma, altrettante ne avrei da dire quando ero in libera uscita.

Le solite scaramucce con coetanei del posto, a volte perché si aveva bevuto a volte per qualche sguardo di troppo una ragazza ma, anche incontri con pescatori nelle loro case con la loro cordialità o le giornate passate ad abbronzarci sulla spiaggia mescolati a turisti fingendo di “essere turisti” e parlando male dei “marinai”, per giunta in abiti civili che, solo se ci avessero beccato ci avrebbero pelati vivi.

Era vietatissimo uscire senza la divisa di ordinanza….per non parlare degli assalti ai “TIR” carichi di birra lasciati incustoditi lungo la banchina del porto e altro che non vi posso dire.

Insomma penso che anche dopo essermene andato le mie gesta sono rimbalzate tra quelle mura per parecchio tempo.

Infatti dopo 23 mesi sarei stato alla svolta finale e dovevo decidere…stavo portando i remi in barca….non avrei potuto rimanere a Olbia e il Comandante me lo disse….se rimanevo la destinazione sarebbe stata Taranto….

Mi spiegò che la necessità erano equipaggi verso la Libia e che con molta probabilità sarei finito da quelle parti.

Una sera mi invitò a cena a casa sua e mi disse che aveva capito che non sarei rimasto in marina.

Che lo aveva capito fin dal primo giorno che mi aveva incontrato perché ero uno che “fuggiva” e stare fermo in un posto o in una situazione non era per me.

Che ero una specie di salmone sempre contro corrente.

Che lo capiva da diverse cose ma una cosa dovevo fare per lui.

Stavo portando via me stesso da un isola che non avrei più rivisto (la Sardegna).

Avrei portato con me tante cose e tanti ricordi, la mia nuova patente nautica, i miei gradi di sergente (anzi, sarei stato congedato come sergente maggiore), una lettera di merito che mi avrebbe aiutato a trovare lavoro.

Mi consigliò di andare al poligono tra una decina di giorni e fare domanda per un “porto d’armi”…

Mi disse che non avrei avuto difficoltà ad ottenerlo e che per l’arma, avrebbe firmato per farmi dare la pistola di ordinanza, perché io di comprarne una non ci pensavo nemmeno.

All’inizio mi misi a ridere dicendo che non ne avrei fatto nulla come civile e che sapeva bene che la pistola la “dimenticavo” spesso.

E che poi al poligono ero un disastro!

Mi sarei fatto male da solo!

Ma aveva un modo tutto genovese per convincermi e mi disse…..non si preoccupi….la potrà appendere al muro come ricordo e farci due risate, ma almeno io sono tranquillo e che per almeno due anni le potrebbe fare buona compagnia. “Lo faccia per me” mi disse…o almeno “me lo faccia credere”….”mi sentirò più tranquillo”

Lo ascoltai….e ottenni il porto d’armi e il permesso di portare con me la pistola che denunciai alla caserma di Nerviano (Mi)

Quando venne il giorno del congedo ero felice. Passai le serate che lo precedevano praticamente fino a notte inoltrata nei locali di Olbia.

A dire la verità passai anche molto tempo a casa di Francesca.

Sapevamo entrambi che sarebbe stato difficile rivederci ma il tempo trascorso insieme non ce lo poteva levare più nessuno.

Sarebbe rimasto con noi.

L’ultimo momento con lei fu difficile….più difficile di un salvataggio in mare.

Le dissi (anzi la pregai) di non voltarsi mentre si allontanava e rimasi li a vederla sparire nella via del corso dopo averla abbracciata a lungo.

Non l’avrei più rivista e sentita…..

Quando il traghetto della Tirrenia, si stacco dal molo rimasi a lungo sul ponte fino a vedere le luci della città ondeggiare e sparire nel mare.

Mi aspettava una nuova vita….non meno complicata ma non così staccata dalla precedente.

Gli anni che seguirono furono creati in base a quel passato e presto sarebbero ritornati come fantasmi.

Allacciai dopo alcuni mesi fatti e circostanze…..una cena con un ufficiale dei carabinieri a Sassari, un “consiglio” di ottenere un porto d’armi e una voce che diceva “non si preoccupi,…..all’occorrenza la cercheremo noi con molta discrezione”.

Ma adesso ero un civile ……o quasi!

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