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Il mio Paese
Non torno più al mio paese e anche se dal 1985 è una “città” per me resta e resterà un “paese”.
Un paese con le strade piene di sassi e di buche come i paesi contadini.
Anche mio padre mi diceva che in quelle strade non bisognava correre perché “inciampano anche le bisce”.
Lo diceva in dialetto e mi faceva ridere.
Adesso nel ricordo mi rivedo in una foto dove sembra che rido ma, è solo una smorfia forse per la troppa luce
Quel paese, non è molto lontano da dove la vita mi ha portato dopo avermi fatto fare delle traiettorie improbabili. Quaranta…cinquanta minuti al massimo di auto.
Sempre più lontano un minuto ogni mio anno….
Questo è un particolare non da poco …almeno, non mi fa sentire un turista che ritorna con il pretesto delle ferie anche se, il mio paese di turistico non ha proprio nulla.
È difficile ammettere che il tuo paese è brutto.
Ci mettiamo un secondo a giudicare male un posto dove non siamo mai stati ma, la disperazione dei nostri paesaggi è difficile da accettare e i posti familiari ci fanno meno pietà di quelli sconosciuti.
Il proprio paese può diventare un rifugio o una prigione.
Se ci rimani, il passare degli anni, fa in modo che lo stesso paese ti si stringa addosso come se i suoi confini diventassero una cintura troppo stretta. Ti senti a disagio.
Le strade le conosci tutte a memoria, le piazze e i monumenti ti sono così noiosi che non ci fai più caso.
Saluti le persone per strada con una cortesia che non ti appartiene e perché semplicemente va fatto altrimenti, la cintura, quella cintura diventa sempre più stretta e intanto, pensi gradualmente di odiare tutti e odiare anche te stesso.
Sì perché….non te ne sei ancora andato.
Poi, arriva quel giorno…..prendi un treno e non ci torni più per anni separato da un mare che è troppo grande per attraversarlo a 18 anni.
Vivi in un altro posto dove non conosci nessuno e nessuno ti conosce….trovi un lavoro, una fidanzata degli amici e una casa.
Ma gli anni passano e quel nuovo posto diventa casa tua anche se ti vedono sempre come “quello che è arrivato “ fino a quando ti capita di ritornare al tuo paese e….non ti senti più soffocare.
Quando lo fai, quando capita, ti fermi immancabilmente nei punti dei ricordi senza avvertire che è il tuo corpo che ti ha portato a cambiare la strada e passare da quel punto magari seguendo una viabilità non logica.
Anche quel monumento davanti alla chiesa adesso sembra bello e pieno di storia e ti ci vedi sotto di lui con le tue caramelle appena rubate alla bancherella del mercato.
Allora capisci che è stato giusto andare via perché lì, ci sono piccole cose insignificanti per tutti ma non per te e sono lì per te.
Piccole cose che ti cullano e ti fanno sentire meno “forestiero” mentre percorri quel tratto di asfalto perché è un pezzo di strada della tua vita e sotto quel catrame c’è la polvere che parla di te e delle tue corse in bicicletta.
Come il ponte della ferrovia….punto strategico per seminare i vigili che ci inseguivano… poi diventato luogo segretissimo per i primi timidi baci.
O lo svincolo davanti al cimitero dove mio padre riuscì per una serie di mancate precedenze a trovarsi tra l’auto di fuggiaschi e l’auto dei carabinieri favorendone involontariamente la loro fuga (difficile non ridere ancora adesso al solo pensiero!).
Oppure il ponte sul canale Villoresi quando, andai a recuperare un amico rimasto in panne con il motorino alle due di notte…..quel ponte non so perché ma sa di buono.
E poi ci sono le scuole….una volta ci entrai girando per gli stessi corridoi ed è sicuro che vicino a me passò la V elementare di allora in fila per due ….. le stringhe di una mia scarpa erano slacciate….quella era la specialità di Alfonso… slacciare le scarpe ai compagni senza farsi beccare dalla maestra.
Ma c’è un albero al bordo del paese che si difende ancora bene dal cemento e che sa molto di me.
Perché una sera in quel posto ho baciato una donna e su quella pianta ho lasciato il suo nome.
Ci siamo frequentati per tanto tempo lei non ha mai parlato del suo anello e di un tatuaggio che ho visto quando si è tolta il vestito. Poi un giorno non l’ho più vista.
Mi ha detto di stare attento che anche il diavolo mi stava cercando con in mano il mio contratto.
Ma questo io lo sapevo.’
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