E allora cosa vorresti fare?

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“E allora cosa vorresti fare?”
Risposi: “sono a terra…. vorrei andare su una montagna e starmene da solo!..
Ecco cosa voglio!” e questa fu la mia secca risposta quasi scorbutica, dettata dall’istinto.
Un istinto guidato da rabbia, delusione e nostalgia.
Non è la prima volta che succede…l’ho messo anche in pratica come una fuga dalla realtà e mi ha fatto bene ma adesso è diverso.
Mi accorsi subito dopo che in quella frase, era racchiusa tutta la mia storia e nello stesso tempo diventava una medicina o un calmante per il mio malessere.
L’alto e il basso, il sopra e il sotto, fanno cambiare la prospettiva rendendo tutto più piccolo ma sono anche due coordinate spaziali fondamentali dove, si possono trovare molte metafore del l’agire di Dio e dell’anima (la Bibbia ne è piena)
L’alto è il luogo dove è collocato Dio per i cristiani e avverbi come “lassù” e “in alto” sono come segnali stradali che ne indicano il percorso per trovarlo.
Anche la stessa immagine di ‘alto’ o di ‘rialzarsi’ è assoggettata alla idea di salvezza.
Il fedele non prega semplicemente …il vero fedele “innalza” preghiere verso un “alto luogo” dove abita Dio anche se nella Bibbia da quel poco che capisco il movimento determinato del rapporto con Dio non è la salita dell’uomo al cielo ma la discesa di Dio (qui lascio agli esperti correggermi perchè io lo chiarisco… sono Ateo).
Ho quindi pensato che ció che mi fa dare quella risposta se dettata dall’istinto non è solo un desiderio di salita o di fatica fisica ma qualcosa d’altro.
È il desiderio di alzare la testa sopra il mio orizzonte per vedere oltre a un destino che non riesco più ad aspettare e questo l’ho sempre fatto nel tentativo di ingannare il tempo che non è mai davanti a me come un futuro che arriva….ma mescola i suoi tentacoli nello spazio come un gioco di prospettiva.
Tanti anni fa durante il periodo del militare, mi mandarono per “servizio” una settimana al “faro”…non so come ma, dovevo essere di aiuto a una persona che vi abitava ma che sinceramente non aveva bisogno di un impiastro di 20 anni come me. Era chiaramente una alternativa a una settimana agli arresti per avere disobbedito a un ordine di un ufficiale.
Ma torniamo a noi.
Quel “tipo”, il guardiano del Faro era una specie di armadio, ma di poche parole.
Quella torre, quel faro era la sua casa, la sua vita il suo mondo e la sua montagna.
Mi disse subito di stargli lontano per il periodo di permanenza che lui non voleva compagnia.
Il suo compagno era il mare e giuro l’ho visto parlare con il mare il vento e la pioggia…eppure non ce l’aveva con il mondo anzi…. credeva in Dio e diceva che la luce del suo faro la vedeva anche Lui.
Per me era solo un pazzo che avevano trovato da mettere su quello scoglio e che ogni tanto andavano a trovare per capire se era vivo o “ciucco” tradito …
Con il tempo compresi perchè si prendeva cura in forma maniacale di quel faro come se, per lui fosse un enorme cero da tenere acceso.
Ho capito tardi e solo da poco perchè come un eremita si chiudeva in se stesso e non voleva saperne del resto del mondo …
Saliva lungo una scala a chiocciola in cima e se ne stava li per ore.
Lui in cima alla sua montagna con la sua luce.
Penso che sia questa la risposta di tutto…
Ciascuno di noi con i suoi ritmi ha bisogno di salire sulla sua montagna con lo scopo di assicurarsi che quella luce sia ancora accesa.
Non importa che tipo di montagna …o che tipo di torre …e io adesso ne ho bisogno.’


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